Testimonianza N°16

Buongiorno, testimonianza di oggi è dedicato all’intervento che Michele e Francesca hanno fatto all’evento “Il linguaggio inclusivo. Il peso delle parole” tenutosi il 30 giugno 2023 e organizzato dall’Associazione Con Te Stare (centro ONIG Padova) presso il circolo Stria di Padova.

IL LINGUAGGIO INCLUSIVO. IL PESO DELLE PAROLE

Innanzitutto una precisazione sul lessico che useremo – e che si usa di solito per riferirsi alle persone transgender. Un uomo/ragazzo trans è uno che fa un percorso di Affermazione di Genere dal femminile al maschile, quindi ad esempio io. Una donna trans è l’opposto. Nel riferirsi a noi è importante usare il genere “di arrivo”, e non quello di partenza. Sui media spesso questo lessico viene usato in modo erroneo.

Nel nostro intervento io e Francesca porteremo degli esempi di domande un po’ maleducate che a volte ci vengono fatte. Chiaramente ciò che è o meno appropriato da chiedere dipende molto dal contesto e dall’intenzione; qua daremo per scontato che le due ipotetiche persone non abbiano alcuna confidenza. La curiosità è legittima, ma bisogna sapere quando fermarsi e rispettare la privacy di chi abbiamo di fronte.

Come regola generale ci si deve domandare: questa cosa la chiederei mai ad una persona cisgender? La chiederei mai, ad esempio, al postino quando mi porta la posta, o al panettiere, o al meccanico? Ora lascio la parola a Francesca, e poi ci alterneremo.

Ma se sei maschio e vuoi essere donna non sei semplicemente gay? Se sei femmina e vuoi essere uomo non sei semplicemente lesbica?

Qua bisogna fare una distinzione molto importante, cioè tra identità di genere e orientamento sessuale. La prima riguarda innanzitutto il singolo individuo, e solo in seguito la sua interazione con gli altri e in società; mentre l’orientamento sessuale è del tutto esterno, è un “chi mi piace”, è rivolto verso gli altri. Nessuno direbbe mai che una donna lesbica e un uomo etero siano la stessa cosa, solo perché entrambi amano le donne. La differenza sta proprio lì, nell’identità di genere. E poi non è detto che le persone trans, dopo il percorso di Affermazione di Genere, siano “etero”; non è detto che una donna trans abbia un fidanzato, potrebbe benissimo essere lesbica o bisessuale. La stessa cosa vale per gli uomini trans.

Quindi… che cosa sei davvero?

Questo è un eufemismo per “cos’hai in mezzo alle gambe?”. Tralasciando le implicazioni filosofiche di cosa significa “vero”, io sono anche ciò che il mondo vede. Cioè se io Michele vengo percepito nella società come un uomo, che rilevanza ha il mio sesso di nascita nelle interazioni di tutti i giorni? Nessuno va in giro con un display sulla fronte con su scritti propri cromosomi, quindi la mia esperienza di vita attuale è quella di un uomo. Qua posso raccontarvi un aneddoto personale. Mi è capitato che di sera, in strade poco frequentate, una ragazza che camminava davanti a me si girasse una o due volte, tirasse fuori il telefono e poi rallentasse, di modo che la superassi. Probabilmente non si sentiva a proprio agio sapendo che qualcuno che lei percepiva come maschio era dietro di lei – la stavo seguendo? In questi casi il mio sesso di nascita non ha avuto alcuna rilevanza.

Relativamente al tentativo di capire “cosa siamo” a volte ci capita che la gente pensi che facciamo il percorso opposto: a me è capitato di sentirmi chiamare al femminile perché l’altra persona, in buona fede, pensava che io fossi nato maschio e volessi fare un percorso Affermativo per essere una donna. La cosa migliore quando si sta cercando di capire come riferirsi alla persona in questione è ad esempio chiedere che pronomi usa. Oltre ad essere molto discreto, è anche un modo che lascia intendere che da parte vostra c’è sostegno e non giudizio.

(Per le AMAB) Mi fai sentire la tua vera voce? / Mi fai sentire la voce da trans?

La terapia ormonale non cambia la voce delle donne trans, e non è detto che la persona riesca a modificarla. Se una donna trans ha un timbro di voce alto, quella è la sua vera voce, e parla sempre così; se invece ha un timbro basso ne è già estremamente consapevole di suo, è inutile rimarcarlo – sarebbe come chiedere ad uno che ha una frattura scomposta ad un braccio quale sia la vera forma del suo braccio e se per caso gli fa male. In ogni caso, le eccezioni ci sono sempre: conosciamo tutti Maria De Filippi, donna cis, che però ha un timbro di voce molto basso. Si può dire che ha una voce “da uomo”?  No, quella è la voce di Maria.

Ma quanto ti manca? A che punto sei?

Il percorso di Affermazione di Genere è vissuta da tutti in modo diverso. Ciò che per qualcuno è la fine del percorso stesso (che so, il riconoscimento anagrafico) per altri è solo l’inizio, o una via di mezzo in attesa delle operazioni.

Ma come fai a sentirti un vero uomo senza falloplastica / una vera donna senza vaginoplastica?

Non è quello il fine ultimo di un Percorso Affermativo; e in certi casi si trova un compromesso tra ciò che si desidera e ciò che la vita ci ha dato. Non tutti possono permettersi le operazioni, sia per motivi economici, sia per il (mancante) sostegno della gente che si ha intorno, o anche solo per il trauma fisico che il corpo potrebbe non sopportare: sono operazioni molto complesse che prevedono più fasi e hanno un rischio di complicanze non indifferente. A volte uno decide di non operarsi non perché non vorrebbe avere quel tipo di genitali ma perché il processo per ottenerli non è per niente lineare, può durare anni. E, in fin dei conti, non è quello che ti definisce. Certo è/ può essere importante nella vita di una donna avere la vagina; ma non è l’unica cosa che la caratterizza, anzi – se no si rischia di ricadere negli stereotipi sessisti secondo cui una donna è poco più di una macchina che fa bambini.

Come ti chiamavi prima / Qual è il tuo vero nome?

Il vero nome è quello con cui tutti mi chiamano, quindi è quello di adesso. Se tu agli amici dell’uomo trans Mario chiedi come sta Genoveffa, loro non avranno idea di chi tu parli: Mario è il suo vero nome. E soprattutto: il nome di prima è irrilevante. Non serve a niente sapere come una persona si chiamava prima, non aiuta a capire meglio chi sia – è una cosa che mette a disagio, fa sentire piuttosto vulnerabili, come se la persona che sono adesso non fosse abbastanza e dovesse essere integrata da un “prima”.

Vi porto un aneddoto di Alessandro qui presente, di quando andava alle superiori. Ha fatto amicizia con una ragazza e le ha detto di chiamarsi “Alex”; poiché non era ancora in terapia ormonale e aveva ancora un aspetto femminile la ragazza non credeva che “Alex” fosse il suo nome. Allora si è sentita autorizzata ad andare a controllare sul registro della sua classe. La curiosità l’ha fatta sentire in diritto di invadere la privacy di Alessandro.  Quindi di nuovo, il principio è questo: il nome vero è quello che una persona dichiara.

E se poi te ne penti?

E se mia nonna avesse le ruote? Scherzi a parte, i cosiddetti “detransitioners”, i “detransizionatori” che si rendono conto di aver sbagliato esistono, ma sono una minuscola parte. Tutto sta nell’appurare se una persona sia davvero in una condizione di incongruenza di genere oppure no; se ne soffre, le probabilità che si penta non esistono. Grazie al percorso psicologico che approfondisce il chi sei, alla terapia ormonale e alle chirurgie si passa da uno stato di profonda disconnessione col proprio corpo -e non solo-  alla normalità.

[Conclusione]

Potremmo arrivare ad una sintesi. Rileggo un momento le domande:

– Ma se sei maschio e vuoi essere donna non sei semplicemente gay? / Se sei femmina e vuoi essere uomo non sei semplicemente lesbica?

– Quindi… che cosa sei davvero?

– Mi fai sentire la tua vera voce?

– Ma quanto ti manca? A che punto sei?

– Ma come fai a sentirti un vero uomo senza falloplastica / una vera donna senza vaginoplastica?

– Qual è il tuo vero nome?

– E se poi te ne penti?

Se ci avete fatto caso compare spesso la parola “vero/a”. Ha senso in questo contesto? Io sono un uomo, vivo in società come tale, esattamente come un uomo cisgender; le nostre esperienze sono diverse, appunto perché io sono una persona trans, ma ciò non mi rende meno uomo.

Banalmente una donna alta si sentirà a disagio se le viene sempre fatto notare che è molto alta rispetto alla norma. La diversa altezza può far sì che due donne cis vivano la loro esperienza in modo molto diverso. Questo rende meno donna una delle due? No. Non esiste un’esperienza uguale alle altre, siamo tutti diversi e tutte diverse.