Terapia ormonale sostitutiva (TOS) gratuita per persone trans su tutto il territorio nazionale: questo è quello che viene riportato da decine di testate giornalistiche e pagine social di associazioni LGBT+ a seguito della Determina della Gazzetta Ufficiale datata 23 settembre 2020. La terapia ormonale sostitutiva per persone trans consiste nell’assunzione di ormoni (femminilizzanti come ad esempio gli estrogeni o mascolinizzanti come il testosterone) al fine di modificare le caratteristiche sessuali secondarie in modo che si allineino con l’identità di genere della persona che li assume.
Con questa decisione pare che l’Italia abbia finalmente scelto di mettersi in linea con i suggerimenti della Risoluzione 2048 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa del 22 aprile 2015 sulla Discriminazione contro le persone transgender in Europa. Tale Risoluzione invitava infatti gli Stati membri a garantire «l’accesso a terapie ormonali sostitutive, supporto psicologico e intervento chirurgico a carico del servizio sanitario pubblico». Questa decisione ha permesso di omologare i diversi contesti presenti sul territorio nazionale: esistevano realtà molto diversificate, ad esempio alcune province emiliane avevano esteso la gratuità da diversi anni, la Toscana addirittura dal 2006, mentre la maggior parte delle Regioni non aveva ancora preso una posizione in tema.
L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), con le Determine nrr. 104272/2020 e 104273/2020, ha quindi stabilito l’erogabilità delle terapie ormonali sostitutive per persone trans a totale carico del Servizio sanitario nazionale a partire dal 1° ottobre 2020. La prima ha incluso testosterone, testosterone undecanoato, testosterone entantato, esteri del testosterone per l’impiego nel processo di virilizzazione di uomini transgender, la seconda ha invece incluso estradiolo, estradiolo emiidrato, estradiolo valerato, ciproterone acetato, spironolattone, leuprolide acetato e triptorelina per l’impiego nel processo di femminilizzazione di donne transgender.
È sufficiente però andare a recuperare la Determina sulla Gazzetta Ufficiale per accorgersi che non si tratta di un “tana libera tutti” o un via libera al commercio di ormoni, bensì di un’agevolazione con delle condizioni ben specifiche. Il testo delle due Delibere è identico se non nelle parti dedicate alla specificazione di farmaci e dosaggi. In entrambe nell’articolo 2 viene infatti precisato che:
«I medicinali di cui all’art. 1 sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale (…) previa diagnosi di disforia/incongruenza di genere formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata, nel rispetto delle condizioni per esso indicate nell’allegato 1 che fa parte integrante della presente determina» (testo disponibile ai seguenti link Determina n. 104272/2020 e Determina n. 104273/2020).
Queste sono le due condizioni che verranno di seguito approfondite e che hanno creato diversi malcontenti nella comunità trans facendo parlare di “concessioni” da parte dello Stato, più che di estensioni di diritti.
«previa diagnosi di disforia di genere/incongruenza di genere»
Questa condizione sembrerebbe trasgredire i suggerimenti della precedentemente citata Risoluzione 2048, nella quale si invitavano gli Stati membri dell’Unione a: «fare propria una piena de-patologizzazione della non conformità di genere, assicurare un percorso medico privo di aspetti stigmatizzanti» e soprattutto «eliminare ogni forma di diagnosi di disturbo mentale». Sorvolando sul fatto ormai noto che l’Italia in materia di politiche e discriminazioni di genere difficilmente si piazzi tra i primi posti in Europa, questa specifica ha fatto comunque indignare diversi esponenti della comunità trans. Il motivo di tale indignazione risiede nella scarsa o assente attenzione verso le persone che desiderano o necessitano avere accesso a cure ormonali senza però provare della disforia di genere, e si vedono quindi costrette a intraprendere un cammino psicoterapeutico e psichiatrico per giungere a una diagnosi che non hanno. Senza contare che rendere necessaria una diagnosi non fa che rallentare il lento cammino verso la de-patologizzazione e che questo ignori completamente il fatto che i percorsi di transizione non siano uguali per tutti.
Relativamente ai diversi tipi di transizione, le due Delibere parlano anche di «processo di virilizzazione di uomini transgender» e «di femminilizzazione di donne transgender». Questa rigidità strizza inevitabilmente l’occhio a un binarismo di genere e a una necessità di uniformità alla fetta di popolazione cisgender, escludendo chiunque non desideri transizionare puramente da un genere all’altro. Esistono infatti persone non binarie che non si identificano necessariamente nella dicotomia uomo/donna e altrettante che utilizzano il “microdosing” di ormoni perché non sentono propria una transizione completa. L’obbiettivo di estendere la gratuità della TOS era di permettere ad ogni persona di modellare la propria identità di genere basandosi sulla propria volontà e non su un limitato e obsoleto binarismo.
«formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata»
Nel primo allegato delle Delibere viene fatta una precisazione su chi possono essere i prescrittori della terapia, ovvero «specialisti che operano all’interno di team multidisciplinari con comprovata esperienza nel supporto delle persone con disforia/incongruenza di genere». Tale precisazione sembra essere totalmente giustificata e di certo in questa sede non si vuole mettere in dubbio l’efficacia di una rete di supporto per le persone in transizione: un approccio multidisciplinare è infatti necessario soprattutto in uno Stato che non tutela queste minoranze. Quello che si vuole però mettere in dubbio è l’esclusività. Infatti, di questi centri specializzati in Italia ce ne sono molto pochi, addirittura ci sono regioni totalmente scoperte come Sardegna e Abruzzo. Tale mancanza di strutture costringerà le persone che necessitano di questa agevolazione a dover percorrere centinaia di chilometri, rendendo vano il risparmio sulla terapia stessa. Senza contare che, pur avendo ottenuto la prescrizione, i farmaci sono stati inseriti in fascia H: ovvero quella dedicata ai farmaci erogabili esclusivamente da farmacie ospedaliere. Di conseguenza le persone dovranno recarsi in ospedale, qualsiasi sia la distanza. È lecito chiedersi se non sarebbe stato molto più efficace estendere questa erogabilità al territorio, permettendo alle persone di recarsi nelle farmacie della propria zona e al limite al medico di base.
Una delle polemiche sorte in seguito all’uscita sulla Gazzetta delle due Delibere riguarda l’incontro con Aifa a cui, a detta di molte associazioni, sembra aver partecipato solo un interlocutore, il Movimento Identità Trans (MIT). Diverse associazioni hanno infatti trovato nel MIT il capro espiatorio, accusandolo degli errori commessi da Aifa soprattutto in merito all’esclusività dei centri specializzati per diagnosi ed erogazione. Per queste ragioni il MIT ha deciso di fare chiarezza una settimana dopo l’uscita delle Delibere attraverso un video su Facebook registrato dalla presidente Porpora Marcasciano (accessibile al seguente link). Nel video la presidente ricostruisce il percorso di trattative avuto con Aifa: da un iniziale incontro informale avvenuto a giugno 2018 tra un rappresentante Aifa, la presidente Marcasciano e la dottoressa Meriggiola (endocrinologa del MIT), a una successiva convocazione di Aifa a gennaio 2020. In questa seconda occasione la presidente del MIT ha voluto puntualizzare ulteriormente come sia stata sua premura richiedere «accessibilità, gratuità e uniformità a livello nazionale» per le cure ormonali e come non siano mai state richieste dal MIT clausole sulla diagnosi a cura di centri multidisciplinari e specializzati.
Il testo delle Delibere lascia molti dubbi, non è infatti chiaro come saranno attuate nella pratica tali disposizioni e pare resti a discrezione delle Regioni stabilire le regole di accesso. È invece chiaro che potranno essere solo degli endocrinologi certificati a prescrivere tramite ricetta ma non viene specificato chi e come possa certificarli.
Per concludere, ci troviamo attualmente in un momento di confusione, è in moto un riequilibrio delle parti coinvolte e sarà necessario aspettare ancora un po’ di tempo prima che tutto il meccanismo entri in piena funzione. Nel frattempo, le persone già in terapia ormonale o in procinto di iniziare si trovano in grave difficoltà e non sanno a che istituzioni rivolgersi. Cercando di restare ottimisti, possiamo dire che è sicuramente positivo il fatto che sia finalmente emersa la problematica della gratuità di farmaci che in molti casi diventano dei veri salvavita: la strada verso la piena estensione di questo diritto è ancora lunga e di certo se ne parlerà ancora, non resta che continuare a lottare uniti augurandoci che, prima o poi, la piena parità dei diritti non sembri solo un’utopia.
L’impegno dell’associazione Con-te-stare consisterà nel continuo monitoraggio sia a livello regionale che nazionale della concretizzazione delle nuove disposizioni, continuate a seguirci per nuovi aggiornamenti.
Elena Bortolotto, tirocinante post lauream di Con-Te-Stare.