a cura di Roberta Rosin e Davide Cavagna
RELAZIONE INTERVENTO DI ROBERTA ROSIN
“Dall’Uni-verso dell’identità sessuale, al Pluri-verso”
IV CONGRESSO INTERNAZIONALE DELL’AIPC (ASSOCIAZIONE ITALIANA PSICOTERAPIA CORPOREA) del 25/26 Novembre 2023
La psicoterapia corporea nell’epoca dell’incertezza, nuove prospettive per nuovi disagi
Slide e Video dell’InterventoAlla luce di repentini cambiamenti epocali della nostra società, dove è aumentata esponenzialmente la velocità delle relazioni sociali e si è ridotta la vicinanza fisica e il contatto corporeo a causa dell’imprevedibile pandemia e della Rivoluzione Digitale, si va incontro ad una progressiva eclissi del corpo ed un graduale insediamento identitario nell’immagine. Qui si colloca l’importanza della Psicologia Corporea, che tramite le sue tecniche e applicazioni, tenta di ricucire la frattura tra corpo vissuto e immagine virtuale.
Parallelamente a questo, una nuova sfida contemporanea riguarda la tematica Gender e lo sviluppo e proliferazione di nuove forme di identità, come ci spiega bene Roberta Rosin, docente supervisore S.E.F. di Padova e presidente dell’associazione CON-TE-STARE Sportello Attivo Transgender Centro ONIG di Padova, con il suo intervento “Dall’Universo dell’identità sessuale, al Pluri-verso” di cui in seguito una relazione sui contenuti.
L’identità sessuale è un costrutto multidimensionale a cui studi sia di psicologia che sociologia e biologia afferiscono.
Condivido alcune tappe non più importanti di altre in riferimento all’identità sessuale: nel 1600 si ha con l’illecito una familiarità tollerante, mentre tra il 1830 e il 1900, nell’epoca della borghesia vittoriana, la sessualità viene limitata alla sola funzione riproduttiva. Nel Ventennio fascista si giunge alla completa repressione delle persone LGBTQIA+ come eredità delle politiche degli anni precedenti e solo nel secondo dopoguerra nella realtà americana, poi ripresa in Europa e in Italia un decennio dopo, abbiamo il movimento sociale della rivoluzione sessuale. Gli anni 80 si presentano come un momento di rinascita e rivolta grazie anche al sociologo Zimmermann con il suo articolo Doing gender per cui il genere inizia ad essere concepito come qualcosa che si performa, cambia e muta in base alle relazioni. Concetto sostenuto e approfondito poi dagli scritti di J. Butler che considera il genere come atto performativo, in continua evoluzione.
Si rileva dunque nella storia un persistente cambiamento delle categorie prima definite statiche (sesso, genere e orientamento sessuale) e una continua influenza da parte delle culture di appartenenza e l’eteronormatività che vanno a delineare implicitamente ed esplicitamente la rappresentazione simbolica del maschile e femminile. Da tener presente è anche una riappropriazione della cultura etero-normativa dei termini omo-lesbo-bi-transfobici, come“queer”, inteso come stranezza, diversità ed utilizzato in modo dispregiativo. Una molteplicità di storie legate al contesto storico ha portato al conseguente focus sullo scarto dalle norme relate all’Identità Sessuale del tempo,come le tristi situazioni dei gemelli intersessuali, obbligati a definirsi in un genere maschile/femminile fin dalla nascita o le situazioni di omotransfobia, che ci sono ancora adesso, che arrivano al compimento di terribili omicidi e suicidi.
Ad influenzare fortemente l’universo dell’identità sessuale sono la cis-normatività e l’etero-normatività, intese come l’insieme di assunzione, pratiche e norme per cui le persone cis ed etero sono quelle“giuste” e “normali”, diventando le uniche categorie di riferimento, e condannando chiunque non si senta rappresentatə da esse ed essere invisibilizzatə, esclusə e discriminatə.In particolare, con il termine cis-normatività si intende l’assunzione che tutte le persone siano cisgender, quindi che non siano trans né che dovrebbero esserlo. È un fenomeno invisibile alla maggior parte delle persone cisgender ed è dannosa per le persone trans, che si ritrovano in un sistema che non è pensato per includerle. Dall’altra parte il concetto di etero-normatività indica l’esistenza di un paradigma a fondamento di norme morali, sociali e giuridiche basato sul presupposto che vi sia un orientamento sessuale corretto, quello eterosessuale, che vi sia una coincidenza fra il sesso biologico e il genere e che sussista una naturale e necessaria complementarità tra l’essere maschio e femmina.
Figura di rilievo per il passaggio dall’Uni-verso agli studi di genere, è stato John Money, psicologo, che negli anni 50 iniziò a parlare di Gender Roles. Money osservò che le persone che nascevano con genitali sia maschili e femminili (intersessuali), si identificavano poi in modo chiaro nel maschile o nel femminile. Da qui la necessità di separare il termine genere dal sesso biologico e la loro diffusione all’interno di ambienti scientifici medici e psicologici. A seguito di ciò, oltre allo sviluppo di nuove importanti teorie e rivendicazioni sul tema, si contrappone la visione degli ambienti conservatori cattolici e l’utilizzo di teoria gender come parola d’ordine contro i movimenti femministi ed LGBT, intesi come minacce alla famiglia tradizionale e all’ordine naturale” su cui si fonda la società. La teoria del gender contribuisce a creare incredibili barriere alla libertà personale e a fomentare odio e discriminazione, non ha fondamento empirico ed è basata su ideologie e valori che sottendono odio, violenza, discriminazioni.
Sarà Fine della differenza sessuale di J. Butler ad aprire un confronto verso l’inizio della campagna contro la teoria gender risalente al 1995. Ma primi passi di incontro sono stati l’esortazione apostolica postsinodale di Amoris Laetitia di Papa Francesco del 2016 che rivede la posizione stringente della Chiesa, distinguendo il sesso dal genere e a novembre di quest’anno la dichiarazione che ha ammesso all’interno dei sacramenti e come padrini e madrine anche le persone omosessuali e transgender, oltre che l’accesso al battesimo ai/lle bambini/e di coppie omosessuali.
Il Pluri-verso è sempre più un tema sensibile nel contesto italiano, ma c’è ancora tanta strada da fare.
Tra le concause che definiscono il Pluri-verso Identitario la dott.ssa Rosin individua le seguenti:
- METAVERSO
- RIVOLUZIONE DELLE RELAZIONI SOCIALI
- IL POPOLO DEI DISOBBEDIENTI
- RIVOLUZIONE DELLE RELAZIONI SOCIALI A CAUSA DEL COVID-19
- CAMBIAMENTI NEL MODO DI INTENDERE IL CORPO
- CAMBIAMENTI NEL MODO DI VIVERE E SPERIMENTARE IL CORPO
- RIVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO
- MODELLO DIMENSIONALE DELLE IDENTITÀ SESSUALI
- Il metaverso di Zucknberg ci promette il compimento di una vita ibrida potenziata dall’online. Si è di fronte allo spostamento dell’umanità da una geografia storica ed esperienziale ad un’altra eterea, dal reale al digitale per il tramite del dissolvimento dei corpi. Ad essere in gioco è dunque una totale riconfigurazione del significato profondo di presenza. Riportando una citazione di Eugenio Mazzarella, in Contro Metaverso, Salvare la presenza: «Non c’è nessuna metafisica, neanche di avatar che ci portino nell’eterno digitale, dopo il reale, dopo la fisica che siamo. Dopo la fisica, anche quella dell’online, c’è solo la fisica che muore, l’unica metafisica conosciuta, cioè noi».
- Collegato a ciò si riscontra una rivoluzione delle relazioni sociali, per cui i giovani passano meno tempo ad interagire faccia-a-faccia con i pari, con un conseguente aumento del senso di solitudine e disperazione. Si arriva ad una forma di ipocrisia in cui l’altro non è più una persona, ma una maschera (“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti” – Pirandello, Uno, nessuno e centomila). Dentro a questa rivoluzione si respira l’aumento del bisogno di essere ascoltati, integrati nella propria frammentazione, ma il tempo che dedichiamo realmente all’essere ascoltati spesso non è abbastanza.
- Inoltre, come mai i giovani hanno sempre bisogno di andare contro? La dott.ssa Rosin parla di popolo dei disobbedienti e Frédéric Gros, in Disobbedire del 2019 prova ad ordinare le idee: disobbedire fa passare la paura della punizione e delle figure autoritarie per cui pur di non sottomettersi, si preferisce essere puniti. Non si teme più la solitudine, preferendo rimanere da soli piuttosto che conformarsi, e nemmeno il cambiamento e la novità, rompendo l’immobilismo con la disobbedienza. Questa diventa quindi un canale per raggiungere la libertà ed evitare la deresponsabilizzazione. Si diventa attori del proprio film e non semplici registi e sceneggiatori. Una menzione anche a Don Milani che scrisse “l’obbedienza non è più una virtù”, che racconta di 65 obiettori di coscienza che in nome della libertà e responsabilità individuale si opposero alla legge e per questo atto di disobbedienza, visto come espressione di vita, furono incarcerati.
- Le interazioni faccia a faccia sono predittive di un benessere, mentre lo stesso non si può dire riguardo a quelle mediatiche. I lockdown intermittenti degli scorsi anni hanno avuto un forte effetto sulle persone: studi hanno riscontrato che la massificazione e la relazione online e del metaverso fanno diminuire il nostro QI. L’intelligenza, infatti, è un fenomeno collettivo: l’uomo ha bisogno dell’intelligenza degli altri. Gli 85 miliardi di neuroni che ognuno possiede, nell’interazione con l’altro si intrecciano attraverso l’uso di onde e trovano assieme delle combinazioni che diventano modalità con cui si trovano risposte ai problemi, risoluzioni e si creano nuove forme di intelligenza. La diminuzione delle relazioni faccia a faccia ha limitato questo processo. Di questo ha parlato la neuroscienziata di Cambridge Hannah Critchlow in un dibattito con il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso che studia la comunicazione sotterranea delle piante. Lo stesso dibattito ha portato ad un proficuo scambio di onde, producendo nuovi risultati sul valore dell’intelligenza come fenomeno collettivo.
- Con l’era dei Social è avvenuto anche un cambiamento nel modo di intendere il corpo, con una modificazione importante dell’immagine corporea di Sé. L’ambivalenza di significato dello stesso verbo look, inteso sia come guardare, ma anche come apparire, è frutto della grande spinta che c’è stata in questa direzione, da intendere come possibile concausa del Pluri-verso identitario.
- Ritroviamo, inoltre, un cambiamento nel modo di vivere e sperimentare il corpo, inteso quasi come una ripresa sessantottina “il corpo è mio e lo gestisco io” e già visto in parte nel popolo dei disobbedienti come possibile risposta all’instabilità ed incertezza del domani e “l’illusione” di libertà limitata alla dimensione corporea.
- Causa possibile della Pluri-universalità identitaria è anche la rivoluzione del linguaggio nei giovani, troppo specifico da una parte come bisogno di determinarsi (bigender, omnisessuale, etc.) e troppo generico dall’altra dovuto ad una non chiara definizione di sé e a possibili cambiamenti di “rotta”.
L’utilizzo di smartphone, pc e smartwatch ha un effetto deleterio di interruzione del contatto, non permettendo la continuità del sé e pretendendo un sapere che non è sperimentato ma omologato. Questi strumenti non permettono di rimanere centrati su “se” stessi: il bombardamento di notifiche e segnali interrompono il flusso e abbassano il QI come accennato in precedenza.“All’anatomia umana si è aggiunto un organo digitale” (De Martin, 2023). - Infine, il modello dimensionale delle identità sessuali riconosce l’esistenza di diversi piani funzionali su cui si articola il vissuto dell’individuo in relazione alla sua sessualità, ognuno dei quali può presentare una gamma di espressioni diverse in un caleidoscopio di combinazioni differenti. Le dimensioni si dividono in due ordini:
- Nucleari: definite in una fase precoce dello sviluppo, costituiscono la base dell’esplorazione identitaria successiva, hanno una componente somatica o fisiologica importante, appaiono stabili nel tempo, e sono soggette ad esplorazione e scoperta più che a trasformazione.
- Distali: riflettono la relazione dell’individuo con il suo orizzonte culturale e il suo collocarsi nel mondo a partire dalle sue esperienze e dagli strumenti simbolici a sua disposizione (ruolo di genere interiorizzato, l’espressione di genere, l’identità sociale di genere e l’identità di orientamento sessuale).
Dunque, diverse sono le concause che hanno portato al Pluri-verso Identitario e possiamo intendere l’identità sessuale come un costrutto multidimensionale, composto da:
- Identità di genere (percezione che ognuno ha di sé)
- Sesso biologico (caratteri anatomici)
- Espressione di genere (sistema socialmente costruito rispetto all’identità di genere percepita)
- Orientamento sessuale (da chi si è attratt*)
Ci si discosta sempre più dal binarismo: in alcuni paesi come Malta nella carta d’identità, oltre a M ed F si può selezionare altro o I (intersessuale).
E a dimostrazione della complessità di questo costrutto, riportiamo il vissuto di alcune persone dell’Associazione CON-TE-STARE:
Noah: identità di genere non binaria-fluida, assegnat* AMAB, sessualmente attratt* verso i maschi, romanticamente pansessuale, espressione di genere fluida.
Roberta: ciao Noah, come definiresti la tua identità sessuale?
Noah: La definirei come l’insieme di tutte le mie caratteristiche sessuali o non, che compongono la mia figura in un certo senso, il mio presentarmi.
Roberta: potresti essere più specifica/o?
Noah: come gli attributi sessuali, ma non solo, anche altri elementi appartenenti all’estetica che mi sento di vivere molto liberamente e non nascondere per forza, camuffare o altro.
Roberta: cosa significa nella tua esperienza di vita il ruolo di genere, come lo esprimi?
Noah: lo esprimo soprattutto con elementi dell’estetica come gli abiti, comunque attraverso la presentazione esterna, non per forza però vuol dire che si riduce a questo. Parte tutto dal sentire, per cui tutto quello che mostro all’esterno è quello che sento interiormente. Quindi non è semplicemente la scelta di una cosa piuttosto che l’altra, ma proprio questo sentire, voler mostrare come sono. Anzi non per forza volere, ma non farmi problemi a mostrarlo e basta.
Roberta: in tutto questo il corpo e l’identità corporea dove lo collochi?
Noah: il corpo lo collocherei in una sfera più pubblica, sia per lavoro, passione e altro ho sempre mostrato molte parti del mio corpo. Personalmente mi piace e ritengo che vedere il corpo come dispositivo per mettere in discussione i ruoli di genere o anche semplicemente attraversare i ruoli di genere è molto importante. Alla fine il corpo è quello che siamo, che lo vogliamo o no, e fa sa il suo lavoro. E’ il dispositivo attraverso cui ci presentiamo e diciamo agli altri chi siamo.
Roberta: e la tua identità di genere come la definisci, se per te c’è una definizione.
Noah: ho sempre trovato difficile trovare una definizione per un discorso legato all’etichetta e sia per un discorso legato al fatto che sento di avere un’identità di genere fluida che non riuscirei a collocare in una parola precisa, ma a rigor di logica mi definirei una persona non binaria che trova conforto e riconoscimento nella neutralità.
Roberta: nel percorso che abbiamo fatto, secondo te il corpo è stato guardato o no? Due parole rispetto a come hai vissuto un percorso di psicoterapia funzionale e quindi corporea.
Noah: sia il corpo che l’identità di genere sono stati indagati tantissimo durante la terapia, sia per quanto riguarda la psicoterapia funzionale corporea, quindi l’utilizzo del corpo per abbattere le barriere personali, piuttosto che esplorarne altre, il tutto attraverso un dialogo aperto e sincero e tanti quesiti posti sia da me che dalla dott.ssa Rosin. Riguardo il mio orientamento sessuale direi che la mia attrazione sessuale è più spinta verso persone maschili, mentre l’altra componente che è l’attrazione romantica diciamo che provo una sorta di attrazione romantica che definirei pansessuale perché va oltre il genere.
Chiara, persona AMAB, orientamento sessuale asessuale, pansessuale sul piano romantico, espressione di genere che si definisce androgina.
Roberta: Grazie per la tua presenza e di questo tempo che dedichi. Come definiresti la tua identità sessuale?
Chiara: beh io personalmente mi identifico come una persona attratta a livello romantico come pansessuale, però nell’aspetto della mia vita che riguarda l’aspetto sessuale sono asessuale. Sono comunque Chiara e mi identifico come una ragazza trans. Nel corso della mia vita ho sempre avuto un modo di comportarmi, diciamo femminile, anche se il mio sentirmi donna è più una cosa interna, per cui il modo in cui mi comporto è sempre stato fluido tendente ad un modo di comportarmi in modo femminile. Però ovviamente sono nata maschio.
Roberta: Quindi tu dici che sei pansessuale e anche asessuale, ce lo puoi spiegare meglio?
Chiara: si pansessuale e in un certo senso bisessuale, vogliono dire l’idea di essere attratti da tutte le persone al di fuori di genere, identità etc, però appunto lo intendo più nel contesto di attrazione romantica, che può anche essere fisica, posso provarne una certa, ma personalmente la vivo come una cosa meno importante, perché appunto mi identifico anche come asessuale, cioè una persona che non sente il bisogno di avere esperienze sessuali. Ovviamente è uno spettro complesso, c’è anche chi è completamente disgustato dal sesso, io semplicemente non ne sento il bisogno.
Roberta: tra l’altro tu hai anche una relazione, no?
Chiara: Si, il mio ragazzo è nello spettro disgustato dal sesso, entrare nella relazione con lui è quando ho scoperto che in realtà ero anch’io asessuale, me ne aveva parlato e mi ha dato un po’ la sua esperienza col sesso, semplicemente che quando lo provava a vedere e ci pensava era disgustato e non gli piaceva e ho un po’ sentito le stesse cose anche per me, le stesse emozioni a riguardo nei confronti del sesso, quindi mi sono informata, ho cercato di capire come mi sentivo e sono giunta alla conclusione che anch’io sono asessuale.
Roberta: ma nella tua vita, e anche nel percorso psicologico che stiamo facendo, che ruolo ha il corpo per te? Anche come ragazza transgender asessuale, dove lo mettiamo? Se ce lo spieghi brevemente.
Chiara: non saprei bene come, devo dire che come esperienza, sentendo altre ragazze trans e la loro esperienza della transizione, non ho trovato tanta differenza al di fuori della questione del sesso. Io personalmente non l’ho mai collegato troppo e in maniera forte i miei genitali al mio genere, ho sempre voluto avere caratteristiche femminili che erano i fianchi e il seno, però riguardo la questione di come avere l’interazione sessuale non ho mai avuto il dubbio, il mio fastidio per i genitali era puramente per il fatto che volevo non ci fossero, questo sì.
Roberta:però io ti abbraccio, per cui il tuo corpo esiste e ti fai abbracciare, vero Chiara.
Chiara: si.
Roberta:Non c’è una negazione del corpo anche rispetto al lavoro che hai fatto qui con me e che stiamo portando avanti.
Chiara: io personalmente sono una persona a cui piace l’estetica di cos’è sexy, semplicemente per me sexy è senza la parte dell’attrazione sessuale, per me è solo bello da vedere per cui direi che aspiro a vestirmi in maniera sexy per il puro piacere che visivamente mi piace e vorrei anch’io essere così.
Marika è una donna transgender di 51 anni, AMAB con espressione di genere femminile negli ambiti di vita in cui ha fatto coming out e si definisce eterosessuale
Buongiorno a tutti, mi chiamo Marica, sono una persona transgender e sto intraprendendo un percorso di transizione di genere e sto transizionando dal genere maschile a quello femminile. La mia identità di genere è sempre stata segretamente femminile, fin dai primi anni di adolescenza, in quanto i miei sentimenti non combaciavano mai con quelli dei maschi o dei miei coetanei in genere con cui interagivo insieme. Poi crescendo ho comunque cercato di smorzare se non soffocare questa mia tendenza a sentirmi femmina e ho cercato di vivere pienamente nel ruolo di genere maschile e cioè nel fatto di pedissequamente emulare mio padre e altri uomini che conoscevo in famiglia. Questo ha comportato nel tempo difficoltà sempre crescenti e continui e frequenti esaurimenti nervosi, anche perché a livello sessuale ho cominciato a capire che non mi trovavo molto a mio agio ad eseguire la penetrazione che per altro ho fatto solo nei confronti della mia compagna che ho spostato nel 1997, poi un po’ alla volta, andando avanti con gli anni, sentendo sempre più forte dentro di me questa esigenza di appunto andare verso il genere femminile, prima segretamente a casa vestendomi o non so… ho cominciato a simulare atti sessuali in cui io appunto ero la donna che veniva presa dal maschio. Io sotto sotto poi ho capito nel tempo che il mio ruolo appunto, oltre che la mia identità era quello femminile, nel senso che ho desiderato poi, quando ho preso man mano consapevolezza della mia sessualità, che avrei voluto essere sia presa dall’uomo, ma soprattutto protetta e in qualche modo dipendere da lui, perché da sola non riesco a fare nulla, ho sempre avuto questa esigenza. L’ho sempre dovuto fare a mio malgrado nei confronti di mia moglie, ma non sono mai riuscita ad essere un punto di riferimento e protezione per lei in quanto lo desideravo per me. Perciò penso che anche la mia identità sessuale sia prettamente femminile, anche se non nego che sentimentalmente voglio molto bene a mia moglie e comunque un sentimento di amore per una donna è molto bello, dolce e delicato, però a livello sessuale io penso che desidererei essere penetrata. Infatti, alla fine della transizione, io penso che opterò per la RCS. Con questo ringrazio tutti, soprattutto la mia dott.ssa Roberta Rosin che mi ha seguita fino ad adesso e mi seguirà ancora in questo percorso che spero per me sarà molto gratificante. Buongiorno a tutti.
Nicola, espressione di genere femme-boy, ragazzo più femminile, si identifica come ragazzo transgender, è una persona AFAB e si definisce omnisessuale con preferenza verso i ragazzi.
Roberta: ciao Nicola, come definiresti la tua identità sessuale?
Nicola: Allora, qui ci sono tante sfaccettature, soprattutto nel mio caso, nel senso che io mi considero un ragazzo trans, però è un po’ complessa la storia perché la mia espressione di genere è un po’ diversa da quelle che le persone si aspettano: perché mi considero anche un femme boy, quindi un ragazzo più femminile, mettiamola così, nel termine femminile che la società ci ha imposto, quindi questo è come mi sento io, quindi sono un po’ fuori anche dagli schemi considerati normali di trans, inoltre, sempre di identità sessuale, mi considero di orientamento omnisessuale che significa che provo attrazione verso tutti i generi, ma ho una preferenza nel mio caso specifico verso i ragazzi.
Roberta: ci puoi spiegare meglio come vivi negli ambienti come la scuola, la famiglia, gli amici, il tuo ruolo di genere, l’espressione del tuo ruolo di genere, ci fai degli esempi?
Nicola: per come esprimo io il mio genere le persone mi vedono solamente una ragazza purtroppo, perché soprattutto a scuola tendo ad essere me stessa al 100% quindi indosso gonne, vestiti o cose che sono considerate femminili, quindi io non giudico nessuno, ovviamente se mi guardi sembro una ragazza, punto, l’unica cosa la vivo un po’ male quando dico che sono un ragazzo e preferisco i pronomi maschili e che la gente li utilizzi con me, in quel caso la vedo male se continuano ad usare quelli femminili, la vedo molto male, perché mi fa sentire a disagio e non è rispettoso nei miei confronti, anche se è vero che mi presento come una ragazza e purtroppo il mio corpo e tutto, di me è ancora un ragazza, io non mi sento una ragazza. Quindi comunque penso che i miei pronomi vadano rispettati, anche il nome che ho scelto va rispettato, nonostante tutto questo, nonostante la mia apparenza sia completamente diversa da quello che la società ci impone come maschile.
Roberta: come vivi, in modo molto sintetico, il tuo corpo, la tua dimensione corporea, che prima hai accennato
Nicola: Il rapporto col mio corpo è di amore e odio, mettiamola così. Nel senso che io e il mio corpo come diciamo fisionomia come il peso, la forma della faccia e queste cose sono perfette, mi vanno benissimo, io rivedo me stesso e non ho alcun problema. I problemi arrivano nelle parti che sono specificamente femminili a livello biologico, in quel caso diventano odio profondo, che non è però in realtà odio, perché non si può definire odio perché in realtà se le vedo su qualcuno che si identifica come una ragazza o comunque qualcun altro io non è che odio quelle parti, è soltanto una cosa che mi crea molto molto disagio. Beh disforia in pratica. La disforia è un disagio portato all’ennesima potenza, perché non ti vedi come te stesso, ti guardi allo specchio e dici “no questo non sono io”, non vado bene così, la vivi proprio in maniera di disagio.
Roberta: tu poi hai scelto di venire qui, sai che sono una terapeuta corporea, utilizzo anche delle modalità che riguardano la persona, non solo l’ascolto della narrazione della tua vita e nel tentativo di darti delle risposte, ma anche un accedere al tuo corpo attraverso il contatto, delle tecniche che facciamo, trovi che questa modalità di lavoro con te ti sia utile e perché?
Nicola: per me la trovo utile, soprattutto perché… allora io odio gli abbracci a prescindere, è proprio una cosa che non sopporto, però qui appunto sto facendo molti passi avanti sul contatto fisico, soprattutto con gli abbracci che sono appunto una delle cose che odio più in assoluto, però adesso riesco ad abbracciare normalmente anche le persone e non essere troppo a disagio quando lo faccio. Soprattutto perché abbracciando purtroppo si sente che sono una ragazza, quindi gli abbracci sono una parte difficile, ma per fortuna qui la sto superando.
Roberta: grazie della tua chiarezza e del tuo tempo.
Un altro concetto molto importante è quello dello stigma da Minority Stress: disagio percepito come conseguenza diretta dell’appartenere ad una categoria stigmatizzata, dove rientrano tutte le identità sessuali non eterocisnormate. Alle fonti di stress della vita quotidiana, per queste persone, si aggiungono quindi gli effetti dell’omotransfobia dell’ambiente in cui vivono, a danno del pluri-verso identitario, aumentando le alterazioni del sé sul piano della salute mentale, il benessere psicologico e gli ambiti relazionali. Siamo quindi chiamatə a conoscere queste condizioni ad alto stigma e cercare di capirne l’origine e plurivocità.
Quando non c’è cultura, l’aspetto fisico (corporeo e performativo) diventa il parametro più rilevante, è dunque fondamentale creare una cultura dove il corpo è parte interconnessa, inserita nel Sé e nel Sé sovraordinato.
In questo scenario, l’approccio Neofunzionale diventa un ottimo strumento, per strutturare un percorso basato sul contatto, la percezione e le sensazioni, ben pensando che i SOC 8 (STANDARDS OF CARE) resi noti dalla WPATH (World Professional Association for Transgender Health) che l’ONIG segue e di cui l’Associazione CON-TE-STARE fa parte, non prevedono una psicoterapia se non richiesta espressamente dalla persona.
Ulteriore concausa della proliferazione delle identità sessuali può essere anche il periodo di deriva che il pianeta sta vivendo in questi anni. Secondo la dott.ssa Rosin è l’Amore l’Esperienza di Base fondamentale su cui lə terapeutə deve lavorare.
Per le persone TGD (transgender e gender diverse) non esiste una chiara spiegazione circa la natura o eziologia della loro condizione: si tratta di un complesso intreccio di fattori bio-psico-sociali. Le persone sono dunque impegnate in una continua ricerca della propria identità, che le renda specifiche e che definisca i loro obbiettivi della vita. Quindi è fondamentale ci sia comprensione nei loro confronti.
La modificazione della propria Identità Sessuale è da tener presente in rapporto alla linea evolutiva: non è raro che gli adolescenti dopo qualche mese di terapia possano cambiare le loro credenze identitarie. È importante dunque lavorare sulla consistenza, cercare di definire, fissare e dare forma al/lla giovane. Lə psicologə clinicə, quindi, ha anche una funziona educativa e di accompagnatore/trice.
Inoltre nella società attuale scarseggiano dei buoni modelli di riferimento (l’influencer è ad oggi considerato una divinità) e, come si è accennato in precedenza, il non contatto dà vita ad un sovradimensionamento del piano cognitivo, pensiero e fantasie. Manca una Fiducia Epistemica e per questo è molto importante lavorare sulle Sensazioni, il Contatto ed essere maestrə.
Il corpo e l’immagine corporea sono un tema centrale dell’epoca storica che stiamo attraversando e la loro integrazione è possibile con un lavoro di Continuità Positiva (che per l’approccio Funzionale è collegato strettamente all’Amore), con un recupero dei ricordi all’interno del percorso psicologico, in un’ottica in cui la persona può mutare, trasformarsi nella sua bellezza, andare verso i suoi obiettivi attraverso una relazione vera.