Siamo quasi agli sgoccioli di questo primo ciclo di incontri del gruppo genitori CON-TE-SIAMO e un po’ per fare un bilancio e un po’ per dirci quanto sia importante per noi questo gruppo ci siamo fatti questa domanda: ”Cosa ci portiamo a casa da questa esperienza?” Abbiamo così raccolto alcuni nostri contributi, da condividere con gli amici dell’associazione CON-TE-STARE.
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”C’è un gruppo di genitori di figli transgender” ci indica la dott.ssa Rosin alla fine del primo incontro conoscitivo con i genitori, periodicamente il sabato mattina si incontra con il supporto di professionisti.”
Penso: non amo tanto i gruppi perché ho le mie idee e non vorrei esser influenzata, o forse non sono ancora pronta a far parte di un gruppo, quando probabilmente Sveva rimarrà Sveva e non sarà Noah, ma ho voluto comunque partecipare per capire.
Al primo incontro le emozioni erano intense, mi uscivano lacrime senza piangere, era la mia consapevolezza, il vivere lì in quella stanza la realtà che stavo affrontando. Ascoltare tante storie di sofferenze, di dubbi che erano anche i miei, mi faceva sentire accolta, meno sola e compresa.
Ora siamo un gruppo di pura accoglienza, con tanti obiettivi. Piano piano ci siamo aperti trasformando le nostre paure in forza, sicurezza, per parlare anche al di fuori di quella stanza su cos’è la disforia di genere. Se ne sei consapevole non hai difficoltà a vivere la tua quotidianità in modo sereno e normale, anzi la tua tranquillità impressiona, tanto da intimorire chi non comprende, chi ha il giudizio facile e vorrebbe dire la sua tanto per dire. Ora, per come sono, riscontro più ammirazione che muri e ho consolidato che non sono un genitore sbagliato e non ho colpe.
Nel frattempo in questi mesi si è confermata la disforia di genere e sono diventata la madre di Noah, ho ancora qualche difficoltà a lasciar andare Sveva, ma ora Noah è felice e questo è ciò che desidero; sono pronta ad affrontare e supportare tutto ciò di cui lui avrà bisogno e questo grazie a voi genitori.
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La condivisione con gli altri e le esperienze altrui rafforzano la consapevolezza di ciò che è più importante per i nostri figli, perché l’unione fa e da la forza di spingersi oltre e di abbattere le barriere che gran parte della nostra società, per inconsapevolezza o ignoranza, ancora crea. Insieme possiamo dare un contributo all’informazione su quello che vuol dire essere una persona trans, perché ció che non si conosce allontana e destabilizza.
In questi mesi ho conosciuto persone coraggiose, inizialmente come me intimorite e in difficoltà, ma tutte con lo stesso sentimento: l’amore per i propri figli.
Sono convinto che i nostri incontri ci diano forza e coscienza di ciò che siamo e di quello che facciamo…
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All’inizio del percorso di affermazione di genere di Aurora vedevo solo il buio, pian piano ho iniziato a vedere un barlume di luce. Quando abbiamo iniziato con il nostro gruppo ho iniziato ad avere più forza: assieme a voi e alle care dottoresse che ci seguono, anche se purtroppo non sono stata molto presente nel gruppo, ho acquistato quella forza di supportare mia figlia giorno per giorno.
A volte è dura vederla piangere, ma cerco di spronarla ad andare avanti a testa alta, ci diamo forza a vicenda: per me lei è tutto. Mi rendo conto che la gente non è ben informata su cosa significhi ”disforia di genere”; c’è ancora forte lo stereotipo della persona transgender sbagliata e io come mamma di una ragazza transgender cerco di fare capire come invece è la realtà dei nostri figli: molte persone mi hanno ringraziato per le informazioni date perché non ne erano a conoscenza.
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”Buongiorno,
sono una mamma, abito a Belluno e vorrei sapere se vicino a me ci sono associazioni, psicologi o medici a cui rivolgersi per informazioni e sostegno per questioni di identità di genere. Ho una figlia adolescente alla quale vorrei essere di aiuto e sostegno.”
Con questa mail ho fatto partire la ricerca che ci ha poi portati all’associazione CON-TE-STARE e al gruppo dei genitori.
La prima grande consolazione è stato trovare persone competenti in materia, capaci di rispondere ma soprattutto di ascoltare e accogliere. La seconda è stata trovare tanti genitori, non pensavo così tanti, e sentirsi di nuovo famiglie “normali”, rientrare nella possibilità di esistere. All’inizio ho visto in tutti la perplessità per la situazione vissuta e l’incredulità del farne parte. La preoccupazione per i figli, l’incertezza e la paura per il futuro, la salute, l’impatto famigliare e sociale erano visibili nei volti di tutti. Abbiamo affrontato tante tematiche con l’aiuto della psicologa che ci ha supportato e indirizzato. Pian piano abbiamo parlato di noi e dei nostri figli, sempre rispettando il tempo di ognuno. Ci siamo confrontati e ascoltati. Ho sentito le fatiche di tutti, genitori e ragazzi, ma anche tanta forza e coraggio. Ho provato profondo rispetto. Ho visto modi diversi e nuovi di sentire e di vivere le varie situazioni, idee che non avrei avuto da sola. Ho apprezzato la diversità e compreso la sua forza e unicità. Ho percepito che è possibile guardare avanti con fiducia.
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La forza di un gruppo la senti dentro di te…I primi incontri ricchi di forti emozioni e via via comincia la conoscenza e il confronto reciproco. Appuntamenti che aiutano, chiariscono dubbi, danno utili informazioni, supportano nei momenti difficili, creano legami…Incontri nei quali si sta bene e si riparte rigenerati e più forti.
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Sinceramente ho fatto una grande fatica ad andare al primo incontro del gruppo genitori, perchè di fatto era come ammettere il ‘problema’, tirare fuori la testa da sotto la sabbia. Con il senno di poi posso dire che andare a quel primo incontro è stata la scelta migliore che potessi fare. Ho trovato un luogo sicuro in cui portare la mia storia di sofferenza ma anche di amore, la mia rabbia ma anche la mia determinazione per lottare per una società più rispettosa e inclusiva. Tra genitori ci siamo ascoltati, riconosciuti e accolti a vicenda. Oggi mi sento meno sola, sono più consapevole, più fiduciosa e serena.
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Mia figlia ha confidato a me e a mio marito di sentirsi una ragazza ad ottobre dello scorso anno. Non vi nascondo sia stato un colpo per me, non riuscivo a capire. Ho fatto fatica a metabolizzare la cosa ma ce la sto mettendo tutta. Ancora non riesco a chiamarla Rosa ma mi rivolgo a lei al femminile e, se possibile, le voglio ancora più bene di prima. Quando mi ha parlato ho pensato fosse la cosa peggiore, avrei preferito mi dicesse di essere gay o bisessuale, ma solo perché, la società non è pronta ad accettare chi come i nostri figli si sente prigioniero di in corpo che non sente appartenergli. Quando ho saputo che i genitori potevano partecipare ad un gruppo dove poter condividere la loro storia e dove potevano confrontarsi mi è parsa una buona cosa. La prima volta che sono venuta sono rimasta impressionata dal fatto che eravamo in tanti. Mi sono sentita meno sola, meno strana. Ho trovato un valido aiuto ascoltando voi genitori e le dottoresse che ci stanno aiutando in questo percorso. Ora sono più serena, anche se il futuro mi terrorizza. Ma amo mia figlia immensamente e sono felice di vederla più serena, più positiva. Ho fiducia in lei, la stimo per ciò che sta facendo e per il coraggio che sta dimostrando iniziando a vivere…
Sapete, da quando è iniziata questa avventura, immagino i nostri figli e le nostre figlie come dei bruchi che presto diventeranno delle bellissime farfalle che impareranno a volare.